La normalità della follia

Una mostra fotografica intensa, che scava su luoghi dimenticati, case di accadimenti da non poter dimenticare:
– L’EX-SANATORIO DI MONTECATONE (1936-1990)
– DACHAU 1933-1945 – ARBEIT MACHT FREI

Viola ha sostenuto l’iniziativa.

Offesa al pudore, costrizione alla nudità, sovraffollamento, tortura, offesa, sperimentazione, umiliazione e spersonalizzazione, sono gli elementi che accomunano i luoghi.

L’orrore e la solitudine di sentirsi diversi e di non essere compresi; di essere diversi e di non essere accettati dalla società e dalle sue regole.
Il dolore e le grida delle persone che hanno soggiornato nelle strutture sono ancora percepibili attraverso l’energia restata tra le mura di codesti edifici, l’uno sottoposto al degrado del tempo e all’incuria, non accessibile al pubblico, l’altro, invece, visitabile, un luogo di commemorazione ed anche di apprendimento Memoriale di ciò che può causare l’influenza della mente. La mente è uno strumento molto potente quando è al servizio dell’essere umano, perché gli permette di creare e di fare grandi progetti, ma quando l’uomo si lascia usare dalla mente, la sua condizione diventa folle e patologica e ne diventa schiavo.

L’ex-sanatorio di Montecatone si trova a circa 5 km da Imola al centro di un grande parco. Fu costruito intorno agli anni ‘30 da Benito Mussolini per curare i malati di tubercolosi in un periodo nel quale il rischio di epidemia era elevato. Era costituito da tre Padiglioni: uno per i soldati, uno per gli uomini ed uno per le donne. Con gli anni cadde in disuso e venne in parte abbandonato. L’unico padiglione che ha resistito, fino ad oggi, ospita pazienti con lesioni alla spina dorsale. Le foto mostrano ciò che ne è del Padiglione “Paolini” ovvero di quella struttura che negli anni divenne il manicomio. Il degrado della struttura, chiusa nel 1990, è ben visibile: vecchie cartelle cliniche, flaconi di medicinali, letti e barelle, piatti sparsi sul pavimento.

Il Campo di concentramento di Dachau si trova a circa 16 km da Monaco di Baviera. Fu il primo campo di concentramento e fu costruito, su iniziativa di Heinri- ch Himmler, su una ex fabbrica di munizioni in disuso della prima guerra mondiale nel 1933. Servì da modello a tutti i campi di concentramento che ne seguirono, fu la scuola delle SS. Il motto con cui venivano istruiti i generali tedeschi era: “senza alcuna pietà, la tolleranza è sinonimo di debolezza”.

Il campo era in grado di ospitare circa 6000 detenuti. All’inizio i detenuti erano costretti ad un duro lavoro per il completamento del campo e dei lavori stradali intorno allo stesso, poi subirono la pena del “lager”.

I primi prigionieri furono politici, poi si aggiunsero i diversi che davano fastidio al sistema o costituivano una vergogna per la famiglia d’origine.

In entrambi solitudine e dolore, lacerazione dell’essere e indifferenza del mondo fuori, disperazione.
Un mondo dell’ego che è il rovescio del mondo d’Amore. Non giudichiamo, tornando indietro e rievocando, ma chiediamo insieme perdono.

Per liberarci dalla paura, è necessario farsi ricercatori d’Amore e non di colpe, farsi portatori di un nuovo pensiero che riconosce la supremazia della Luce al buio della mente.

Che l’Amore vinca il dolore!

Fotografie di Andrea Severi e Mirko Borghesi
Testi di Manuela Arrigoni


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